Sunday 27 February 2011

ANALISI TEST

Le nuove monoposto di Formula 1 in configurazione 2011 hanno disputato 11 giornate di test collettivi compiendo in totale circa 38631 km. I primi a disputare i test con la nuova monoposto sono stati:  Ferrari , Red Bull, Mercedes Grand Prix, Sauber, Williams, Renault, Toro Rosso e Lotus che hanno portato in pista a Valencia le nuove auto. Mentre  McLaren, Force India e Virgin 2011 hanno fatto debuttare le loro monoposto a Jerez . Tra le nuove monoposto l’unica a non essere scesa in pista è la  Hispania che farà debuttare la  nuova F111 HRT  solo all’'ultimo test di Barcellona.

Dopo tre test collettivi su quattro da disputare si possono iniziare a trarre i primi riscontri: la Ferrari è di gran lunga la vettura più affidabile in quanto è quella che ha disputato il maggior numero di kilometri in pista accusando soltanto piccoli problemini. Tra le nuove vetture quella che ha disputato meno strada è la Lotus con circa 2000 km in quanto sia Kovalainen che Trulli hanno accusato tantissimi problemi tecnici.

Ferrari

La Ferrari fin ora ha disputato con la nuova F150th Italia ben 5220 km accusando soltanto piccoli problemini tipo un problema di perdita d’olio dal motore a Valencia (dovuto ad un errore in fase di assemblaggio), un problema al sensore dell’acceleratore e un avaria ad una pompa.

La Ferrari ha deciso di portare in pista fin da subito una vettura molto conservativa per cercare di percorrere il maggior numero di kilometri e comprendere al meglio il funzionamento dei nuovi pneumatici. La Ferrari porterà parte degli sviluppi aerodinamici negli ultimi test a Barcellona. Si attendono grosse novità all’ala anteriore, alle fiancate, al cofano motore, agli scarichi, al diffusore e soprattutto nel fondo. I tecnici e gli ingegneri Ferrari si aspettano benefici di circa 6 decimi al giro da tali aggiornamenti.



Red Bull

A Valencia e Jerez  la nuova Red Bull è andato bene e si è dimostrata anche affidabile. Questa cosa è stata molto sorprendente se si pensa ai notevoli problemi che hanno sempre avuto le macchine progettata da Adrian Newey. Negli ultimi test a Barcellona la Red Bull ha accusato qualche problema di troppo. Il primo giorno Sebastian Vettel ha disputato soltanto 37 giri a causa di problemi al cambio che hanno costretto i meccanici a tantissimi ore di lavoro per cercare di porvi rimedio. La parte posteriore della monoposto progettata da Newey è molto compatta ed effettuare riparazioni in quella zona è un incubo per i meccanici.

Vettel nella seconda giornata, durante una simulazione di gara, ha dovuto interromperla a causa di una crepa allo scarico. Mark Webber invece ha dovuto sostituire il propulsore nell’ultimo giorno di test. La Red Bull è la seconda squadra che ha disputato più kilometri tra i team di Formula 1. Christian Horner è molto soddisfatto di come stanno andando i test: "Non abbiamo mai avuto una stagione di test senza problemi."

Mercedes GP

I test invernali pre stagionali sono iniziati per la Mercedes GP con tantissime problemi di gioventù. Ma la Mercedes considerando i risultati ottenuti nell’ultima sessione di test a Barcellona sembra averli risolti. I problemi della nuova monoposto erano essenzialmente di raffreddamento delle componenti interne che hanno provocato alcune rotture all’idraulica. Ha accusato anche alcuni problemi al controllo dell’ala posteriore. A Jerez, il motore è stato sostituito in quanto i dati riscontrati dalla telemetria indicavano problemi al propulsore. A Barcellona, per la prima volta la Mercedes è riuscita ad eseguire completamente il suo programma. I riscontri cronometrici sul giro singolo sono abbastanza incoraggianti anche se devono lavorare ancora molto per limitare il degrado dei pneumatici Pirelli. Infatti nelle simulazioni gara la Mercedes accusava un bel gap rispetto ai migliori: Ferrari e Red Bull.

Sauber

La Sauber ha avuto gli stessi problemi della Mercedes. Nei primi test ha accusato diversi problemi al cambio,alla trasmissione e al differenziale. Tali componenti sono tutti forniti alla Sauber dalla Ferrari. Quindi non si conoscono bene le ragioni di tali problemi. Durante i test questi problemi sono completamente stati risolti. Anche il KERS ha causato tantissimi problemi alla scuderia elvetica, infatti negli ultimi test di Barcellona è stato spento e smontato dalla vettura. Sauber avrebbe potuto effettuare molti più kilometri se Sergio Prez non finiva ben due volte nella ghiaia nella stessa giornata di test a Barcellona..

Williams

La Williams in queste prime tre sessioni di test collettivi ha dovuto affrontare tantissimi guia al sistema KERS il quale è costato tantissimi kilometri al team di Groove. I problmi principali al KERS sono stati di scarso raffreddamento alle componenti che lo compongono e alcune perdite di prestazione da parte delle batterie. A Jerez, negli ultimi due giorni di test,il KERS è stato disconnesso per permettere ai piloti di affrontare più kilometri possibile e accumulare più dati possibili sulle nuove componenti della macchina e sui pneumatici. La Williams ha anche sprecato del tempo prezioso a causa di alcuni errori che hanno costretto Pastor Maldonando a parcheggiare la monoposto nella ghiaia. Il KERS è stato utilizzato negli ultimi test a Barcellona sia da Barrichello che da Maldonado anche se ha continuato a dare qualche problemino. Negli ultimi giorni di test a Barcellona si è rotto un motore Coworth che ha fatto perdere tantissimo tempo al team.

Renault

Appena scesa in pista a Valencia, la Renault ha accusato svariati problemi al KERS e ai sistemi idraulici. Tali problemi sono stati  risolti dai meccanici ma la macchina ha fatto pochissimo Km in pista. Quando il KERS funzionava ha ricevuto tantissimi complimenti dai piloti che ne hanno potuto usufruire. Heidfeld ha detto che è molto migliore rispetto a quello che usava in BMW soprattutto per la stabilità che garantisce in frenata.

Toro Rosso

La squadra italiana non ha accusato gravi problemi durante questi primi test ed ha potuto girare in pista abbastanza regolarmente. Sia il KERS che l’ala posteriore mobile hanno funzionato regolarmente sin dal primo giorno.  Sebastian Buemi ha fatto tantissimi complimenti al suo team dichiarando che essendo ancora una squadra giovane, hanno fatto un buonissimo lavoro in termini di affidabilità. Le uniche volte che la macchina si è fermata in pista è stato solo per dei sospetti di malfunzionamento che poi si sono rivelati infondati.

McLaren

La nuova McLaren ha fatto il suo debutto in pista a Jerez saltando i primi test collettivi di Valencia. Fatta eccezione per gli ultimi due giorni di test a Barcellona la McLaren ha passato molto più tempo ai box che in pista. Sono stati fatti tantissimi esperimenti con diverse soluzioni di scarico, diversi fondi e diffusori. Tutti questi esperimenti agli scarichi hanno causato diverse difficoltà agli uomini McLaren. Il secondo giorno di test a Barcellona Jenson Button ha saltato l’intera mattinata di test per un guasto idraulico. A causa anche della mancanza dei pezzi di ricambio le prove sono state interrotte per lunghi periodi di tempo. La McLaren ha effettuato 2.573 km i quali sono meno della metà rispetto ai kilometri percorsi dalla Ferrari.

Virgin

Il debutto della nuova Virgin VR-02 è stato senza dubbio migliore rispetto allo scorso anno. La nuova Virgin VR-02 ha fatto debuttare la nuova monoposto durante i test di Jerez e si classifica al nono posto nella particolare classifica sui kilometri percorsi. La nuova macchina ha avuto particolari problemi alla pompa della benzina, alla sospensione posteriore e mancava di pezzi di ricambio per sostituire particolari meccanici che si usuravano in pista. In pista la macchina sembra molto più stabile rispetto a quella del 2010. L’ala poseteriore mobile, a detta dei piloti, funziona molto bene mentre il sistema di recupero dell’energia non verrà montato sulla vettura a causa degli elevati costi che questo presenta.

Force India

La Force India ha girato in questi primi test soltanto 138 kilometri meno rispetto agli “amici” della McLaren. A Jerez la nuova monoposto ha concluso i test in anticipo a causa di un problema alla sospensione anteriore. Tale problema accusato da Paul  di Resta lo stava portando fuori pista ed è stato bravo il pilota a controllare la vettura. Ci sono stati anche parecchi problemi agli scarichi. I tecnici hanno dovuto interrompere i test a causa della mancanza di pezzi di ricambio ed hanno tenuto la macchina ai box fino a quando questi sono arrivati dalla Gran Bretagna. A Barcellona i piloti hanno anche accusato alcuni problemi al sensore del pedale dell’acceleratore. Rumours provenienti dai box di Barcellona dicevano che il telaio accusava anche problemi di rigidità. Positivo è stato il funzionamento del KERS fornito alla Force India da parte della Mercedes.

Lotus

Il progettista della Lotus Mike Gascoyne ha cambiato l'intera vettura. Il T128 è stata progetta osando di più in termini aerodinamici rispetto al modello precedente. I motori sono stati cambiati ed è stato scelto il motore Renault con l’intero retrotreno fornito dalla Red Bull. Tutte queste novità hanno portato tantissimi problemi al team Lotus infatti è quello che ha percorso meno kilometri rispetto a tutti gli altri. I problemi principali accusati dai piloti sono stati al servosterzo della vettura, alle perdite d’acqua molto frequenti e problemi agli scarichi. Tali problemi dovrebbero essere stati risolti in questi giorni in fabbrica e la Lotus agli ultimi test collettivi di Barcellona dovrebbe essere finalmente affidabile.























































































TeamValenciaJerezBarcelonaTotal
Ferrari1.145 km2.050 km2.025 km5.220 km
Red Bull1.033 km1.749 km1.625 km4.407 km
Mercedes GP813 km1.497 km1.988 km4.298 km
Sauber857 km1.417 km1.825 km4.099 km
Williams1.033 km1.120 km1.634 km3.787 km
Renault909 km1.222 km1.550 km3.681 km
Toro Rosso813 km1.311 km1.476 km3.600 km
McLaren1.032 km1.541 km2.573 km
Virgin952 km1.532 km2.484 km
Force India1.169 km1.266 km2.435 km
Lotus212 km877 km950 km2.039 km

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A seguito della grande rivoluzione tecnica avvenuta in questi, a partire dalla stagione 2009 fino a quest’ultima, sono tornate di moda due soluzioni che erano state scartate ormai da diversi anni:

-         la sospensione posteriore pull-rod introdotta in Formula 1 per la prima volta ben 23 anni fa grazie alla Lotus 99T del 1987

-         gli scarichi bassi in posizione laterale che soffiano nella zona davanti alle ruote posteriori introdotti nella massima serie dalla Renault R50 del 1985

-         il doppio fondo inventato e progettato da Jean Claude Migeot e introdotto sulla Ferrrai F92 del 1992;

-         fiancate a “L”che si erano viste in F.1 nel 1995 con la Benetton B195 e nel 1996 grazie a Barnard e alla sua Ferrari F310.

Le prime due  soluzioni sono state re-introdotte in Formula 1 dal geniale progettista della Red Bull che le ha introdotte rispettivamente sulla RB5 del 2009 e sulla RB6 del 2010; il doppio fondo è stato riproposto da Giorgio Ascanelli con la Toro Rosso e verrà sicuramente ripreso anche dai progettisti della Mercedes. Per quanto riguarda le fiancate alte ai lati e scavate al centro sono state riproposte e riviste dal progettista della McLaren Paddy Lowe che le ha riproposte sulla MP4-26.

Tutte queste scelte progettuali effettuate dai progettisti hanno tutte una cosa in comune: il recupero di carico aerodinamico al posteriore. Infatti, anche nella scelta fra i due schemi di sospensione, puntone o tirante, il fatto determinante è stata l’aerodinamica.  I nuovi regolamenti, hanno costretto gli aerodinamici e i tecnici a disegnare una zona posteriore molto bassa. Qui è diventato fondamentale usare una  sospensione pull–rod (push-rod è considerata molto più ingombrante) in modo da potenziare l’efficienza del gruppo alettone posteriore e diffusore. Solo la Ferrari, Sauber (obbligata dall’impiego dello stesso cambio), Virgin e HRT sono rimasti fedeli alla soluzione push-rod. I principali vantaggi della soluzione a tirante sono:

  1. riduzione degli ingombri nella parte alta del cambio (circa 15 cm) a tutto beneficio della qualità del flusso d’aria verso l’alettone posteriore;

  2. abbassamento del baricentro con tutti gli elementi della sospensione raccolti in basso;

  3. riduzione dei pesi dato che il tirante è soggetto a meno sforzi rispetto al puntone di qui un leggero risparmio nel peso.


A svantaggio di questa scelta una notevole complicazione per effettuare regolazioni nelle sospensioni dato che bisogna smontare il fondo (tempo impiegato circa 15 min). Questo potrebbe essere uno svantaggio non da poco in una stagione in cui l’incognita gomme sarà molto importante.

La Ferrari ha optato per un compromesso liberando la zona posteriore spostando in avanti tutti gli elementi delle sospensioni riuscendo ad avere quasi gli stessi vantaggi dello schema pull rod. Facendo cosi la Rossa ha mantenuto una facilità estrema nell’apportare regolazioni al gruppo sospensivo. Tutto questo potrebbe diventare un grosso vantaggio rispetto a tutta la concorrenza.

Puramente aerodinamici agli altri due ritorni al passato. Ascanelli ha riproposto la soluzione del doppio fondo nelle fiancate della Toro Rosso; la carrozzeria è sollevata dal fondo scalinato in modo da creare un vero e proprio canale Venturi atto a creare deportanza senza incidere negativamente sulla resistenza all’avanzamento. Tutto questo concetto esasperato anche con un inedito sistema di scarichi piatti che soffiano nella zona dei canali laterali del diffusore.

Anche la McLaren ha guardato al passato con delle inedite fiancate che ricordano quelle della Benetton B195 di Byrne. Sulla McLaren il concetto è estremizzato per poter creare un canale d’aria verso la parte posteriore che lavori in sinergia con l’elemento inferiore dell’alettone posteriore. Tale soluzione ha comportato notevoli complicazioni come un inedita forma dei radiatori molto lunghi e stretti ed anch’essi a forma di L. Nella parte inferiore delle fiancate è nascosta l’uscita degli scarichi. Lo scopo di tale soluzione è accelerare il flusso d’aria nella parte inferiore della monoposto.

FORMULA 1 - ANALISI DEI TEST

Abbiamo sentito molto parlare della scarsa durata delle nuove mescole fornite dalla Pirelli. Tale degrado andrà, sicuramente, ad influire molto sulle strategie che i team dovranno elaborare per affrontare le gare di questa stagione. Gli addetti ai lavori parlano che saranno necessarie dalle tre alle quattro soste per ciascuna gara.

Di seguito saranno illustrati alcuni grafici che illustrano il diverso funzionamento e degrado delle Bridgestone (vecchio fornitore) e la Pirelli (nuovo fornitore).

La Bridgestone aveva ormai abituato tutti i team ad un ottima affidabilità e soprattutto ad una durata extra; questo grazie al fatto che avevano sviluppato la loro tecnologia di costruzione e realizzazione di pneumatici in regime di concorrenza (Good Year e Michelin).

Una volta uscita la Michelin la Bridgestone è diventata l’unico forniture di pneumatici e grazie alla concorrenze degli anni passati è riuscita a fornire gomme ottime ai team sia per quanto riguarda le performance che per quanto riguarda la durata.



Date un'occhiata a questo grafico dai test pre-campionato dello scorso anno a Barcellona, svoltosi in condizioni simili a quello che abbiamo vissuto questa settimana.

Potete vedere la costanza dei tempi sul giro, in realtà la tendenza è che più si consuma combustibile più i tempi tendono ad abbassarsi. Le gomme erano così buone che l’ effetto del carburante sul singolo giro era significativamente maggiore rispetto al consumo dei pneumatici.

Tale  cosa non è avvenuta nei long run (grafico sotto) di Domenica scorsa con gomme Pirelli. La tendenza è esattamente l’opposto, nonostante la diminuzione di combustibile sulle auto i tempi sul giro tendono ad aumentare. Questo sta a significare che il degrado delle gomme è molto elevato e non viene compensato con la diminuzione di carburante. A tale problema stanno lavorando molto tutti gli ingegneri e piloti di ogni singolo team.

Guardate il forte calo di prestazioni che si ha all'ultimo giro o due prima della sosta ai box. E 'davvero un calo repentino e drastico delle prestazioni sul giro. Per quanto riguarda la differenza tra gomme dure e morbide, guardate il grafico di Webber, quello blu, il suo secondo stint è stato effettuato con un set nuovo di gomme morbide mentre  il terzo stint è stato fatto con gomme dure nuove . La differenza si nota propria nella finestra di utilizzo delle gomme; le soft durano 12-14 giri m,mentre le dure circa 20-22. Fare in modo che le gomme durino qualche giro in più dei rivali sarà una delle sfide su cui bisognerà lavorare per essere competitivi in gara.

Saturday 26 February 2011

Come nascono le Gomme























L'articolo qui citato parla specificatamente delle Gomme del Go kart. Ma sia il metodo costruttivo che il livello tecnologico di queste coperture non ha nulla a che invidiare a quelle della F1 o di qualsiasi altra competizione motoristica. In più , è bello far notare che l'Italia è all'avanguardia anche nella costruzione  e nella ricerca nel campo delle gomme da auto e nelle gomme da competizione. La Vega , che è citata in questo articolo è leader nel mondo per le coperture da Go Kart e l'unica industria nel mondo in grado di eguagliarla è la più famosa Bridgestone.













Uno dei componenti più importanti per le prestazioni globali del kart è per l'appunto quello delle gromme, la cui azzeccata (e a volte fortunosa) scelta può dare la vittoria a pilota e team, è forse il meno noto al grande pubblico sotto l'aspetto tecnologico e costruttivo.

In tutti gli sport motoristici il ruolo delle gomme è determinante e, ad alto livello, sembrano racchiudere la differenza di pochi decimi, se non centesimi, tra i primi della classe. Nel karting l'azione è ancora più marcata a causa dei particolari regolamenti, nettamente distinti per numero di pneumatici a disposizione in gare internazionali, per i modelli imposti in quelle nazionali, nonché per la particolare impostazione tecnica del kart, privo di differenziale e allo stesso tempo alla strenua ricerca di un'impronta a terra che spari via dalle curve nella fase d'accelerazione.
Consideriamo inoltre ché i pneumatici per il karting, sempre per norma ufficiale, non possono avere struttura radiale.
COMPONENTI DELLA MESCOLA
Per meglio spiegare il processo produttivo, ci siamo recati alla Vega (alla quale si riferiscono le foto), il maggior costruttore italiano di gomme per kart, dotato di macchinari modernissimi e di una tecnologia all'avanguardia, che nulla ha da invidiare ai costruttori impegnati nell'automobilismo e nel motociclismo.
Il servizio segue fedelmente il ciclo produttivo, dai componenti di base al prodotto finito.
La costruzione d'un pneumatico si può considerare, solo come inizio, composta di due fasi: realizzazione della parte gommosa, la mescola del battistrada e dei fianchi, e costruzione della struttura di base, un vero e proprio "telaio" gommato, che li supporta.
La parte gommosa del pneumatico, sia il battistrada a contatto con il terreno sia il materiale destinato ai fianchi, che quello per le tele, è una miscela, una mescola appunto, di tre componenti principali:
gomma, plastificanti e nerofumo. Le percentuali sono approssimativamente del 30% ognuna, ma il valore preciso dipende dai tipo di mescola che si vuole ottenere e nessun costruttore dichiarerà mai la percentuale precisa. E' un po' come i segreti dei cuochi, ma non è indispensabile per capire il processo. Il restante 10% circa è fatto di minerali, come la silice e altri prodotti leganti.
La gomma naturale è un idrocarburo, un composto di atomi di idrogeno e di carbonio, proprio come il petrolio e i suoi derivati. La composizione molecolare, vale a dire il numero e la disposizione degli atomi che formano la molecola, differisce per ogni idrocarburo.
La gomma naturale è formata da lunghe catene (polimero, naturale in questo caso) di migliaia di molecole di isoprene, un idrocarburo insaturo, la cui struttura molecolare è in fig. 1 detto anche metilbutadiene.









Fig.1 

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La Formula della gomma naturale. Prima della freccia una molecola di isoprene contata n volte. Dopo  la fraccia si vede che le molecole si legano tra loro in seguito all'apertura di un legame doppio, nella parte bassa, che diventa singolo (da H2C=C a -CH2-C)


Un idrocarburo si dice insaturo quando la sua molecola presenta uno o più legami doppi o tripli tra atomi di carbonio. La definizione è dovuta al numero di atomi di idrogeno inferiore, a parità di atomi di carbonio, rispetto ad uno saturo, proprio perché due o tre legami, per esempio di una coppia di atomi di carbonio s'impegnano tra loro invece che con un idrogeno ciascuno.
La gomma naturale (a volte detta anche cruda naturale o caucciù) si ricava da alberi ad alto fusto delle foreste tropicali, come l'Hevea brasiliensis. Dal Dichopsisgutta s'ottiene invece la guttaperca, una gomma naturale con polimerizzazione dell'isoprene un poco differente ed è adatta ad altri prodotti, come i cavi sottomarini.
La gomma naturale proveniente dall'Africa centrale è reputata di qualità superiore rispetto a quella dell'America Latina. Molto apprezzata anche la gomma dei grandi arcipelaghi asiatici.
La gomma sintetica, indicata con il nome tecnico di elastomero sintetico, è un polimero artificiale, s'ottiene tramite processi e reazioni chimici. Per la fabbricazione di pneumatici si uniscono il butadiene (circa 77%) e lo stirene (22%) a formare la gomma SBR in fig 2;










Fig.2 

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Le gomme sintetiche, SBR dopo la freccia, sono date dall'unione di idrocarburi insaturi, stirene e butadiene. Anche in questo caso si può notare l'apertura di alcuni legami doppi per consentire la polimerizzazione, vale a dire le formazione di una lunga catena di molecole.


Il prodotto è denominato anche con l'accoppiata dei nomi dei due componenti, noti anche come copolimeri, proprio perché partecipano con una semplice unione alla struttura finale. L'esagono con un cerchio interno rappresenta sinteticamente 6 atomi di carbonio che occupano i vertici di un esagono, a ciascuno dei quali sono legati 6 di idrogeno.
In laboratorio è riproducibile anche la struttura della gomma naturale isoprene; osservare che per entrambi i tipi la molecola base è il butadiene.
Nella fig 3 si vedono i due tipi di gomma; quella nera è sintetica, la rossiccia è invece naturale. La gomma viene tagliata in pezzi di misura calibrata.
Il nero fumo, o nero di carbone, è una polvere ottenuta per combustione parziale di alcuni idrocarburi e arriva in fabbrica contenuta in sacchi di varia grandezza.
I plastificanti sono composti chimici derivati dal petrolio, in sostanza degli oli pesanti, con la funzione principale di amalgamare i componenti.










Fig.3 

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A confronto la gomma sintetica (nera) con quella naturale.


MESCOLAMENTO

-- Mescolatore chiuso
I tre componenti fondamentali sono richiamati dai silos (la gomma a mano) ed inviati al mescolatore chiuso, un grosso contenitore detto anche bambury. Un computer controlla e gestisce le quantità, sia provenienti dai depositi, sia inviate al mescolatore.
La gomma, come già detto tagliata in pezzi, è immessa manualmente, dopo averne controllato il peso per rispettare la composizione desiderata.
Il plastificante è stoccato in silos fig 4, dai quali viene pompato verso il mescolatore, dopo aver subito un innalzamento della temperatura per favorire lo scorrimento. La sua viscosità è infatti piuttosto elevata.









Fig.4 

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Il silo degli oli plastificanti


La polvere di nerofumo è invece aspirata dai sacchi nei quali è imballata. Fig 5









Fig.5 

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Il sacco del nero fumo


Le quantità del plastificante e del nerofumo sono verificate in automatico tramite bilance elettroniche collegate al computer di gestione del bambury.
Il mescolatore chiuso fig 6, che opera a ciclo continuo in modo simile ad un gigantesco "Pastamatic", contiene un pistone che spinge e schiaccia gli ingredienti. Alla Vega ce ne sono due di produzione, da 100 e 30 kg ad ogni ciclo rispettivamente, e uno per l'attività sperimentale, che produce 1,5 kg per volta di mescole destinate alla preparazione dei prototipi. Alla base del bambury alcune pale rotanti rompono il denso amalgama in parti maneggiabili, raccolte da un addetto dalla bocca d'uscita.










Fig.6 

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Nel mescolatore chiuso (o bambury) avviene la prima lavorazione della mescola


-- Mescolatore aperto
I tranci di composto devono passare ora nel mescolatore aperto. Si tratta di grossi rulli fig 7,attraversati i quali la mescola diventa più uniforme, sia per composizione che per densità, Il particolare percorso comporta una continua torsione accoppiata ad un'elongazione.










Fig.7 

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Nel mescolatore aperto prosegue la lavorazione meccanica della mescola che acquista maggiore uniformità.


Per rifarsi all'esempio precedente, si può dire che il mescolatore aperto svolga l'azione del mattarello o meglio della macchinetta dotata di manovella, per stendere la sfoglia di pasta.
Lo schiacciamento tra le calandre produce un certo orientamento longitudinale del reticolo molecolare. Durante questa lavorazione, anche se l'attrito tra gli strati produce calore, la temperatura del composto diminuisce. Verso il termine del ciclo nel mescolatore aperto vengono inseriti a mano fig 8, vulcanizzanti, come zolfo, e acceleranti, necessari per le fasi successive.










Fig.8 

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Verso il termine della fase nel mescolatore aperto , vengono aggiunti vulcanizzati e acceleranti.


La banda di mescola viene tagliata a strisce e immersa in una vasca (batch-off), fig 9, per il definitivo raffreddamento.
A questo punto la mescola è pronta ed è destinata al battistrada o ai fianchi per passare nella trafila ed assumere la forma, o meglio la sezione trasversale adeguata alle successive operazioni.










Fig.9 

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Nella vasca si realizza in batch-off, un raffreddamento definitivo.



TELAIO GOMMATO
E' la struttura destinata a contenere la mescola, sia battistrada, sia di riempimento, che per le tele.
-- Tele
Il cuore della struttura è rappresentato dalle tele, le stesse sulle quali i piloti a volte dicono di trovarsi quando il battistrada è deteriorato o completamente consumato. Il tessuto a maglia piuttosto larga, circa i cm dilato, è formato da fili longitudinali, la trama, e trasversali, l'ordito fig 10. Il materiale del tessuto può essere nylon, rayon, poliestere o kevlar.










Fig.10 

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La tela è formata da fili longitudinali (trama) e trasversali (ordito) e può essere di vari materiali.


La rete e la mescola (quella preparata per questo uso), passano sovrapposte in un grosso macchinario basato su una serie di rulli, nel quale in sostanza la gomma invade il tessuto che ne resta imprigionato. Al termine del ciclo si formano dei rotoli. Per evitare che i vari strati arrotolati s'incollino tra loro (il tessuto è al centro di ogni strato) in fase d'arrotolamento èinterposto un tessuto di supporto. Interessante la traslazione verso l'alto del gruppo rulli (festone) poco prima del completamento del rullo, che accumula il nastro, in quanto la produzione è continua e non può essere interrotta.
Le tele vengono tagliate con un certo angolo rispetto alla direzione longitudinale (di marcia, di rotolamento o della trama). fig 11










Fig.11 

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Taglio obliquo delle tele


-- Anelli
Una parte fondamentale del pneumatico è il fianco, e più precisamente la zona vicina al cerchione, detta tallone (e vengono in mente le 3 viti antistallonamento a 120° all'interno del cerchio). La base del tallone è sorretta dal cerchietto, che dà rigidità alla zona a contatto con il cerchione. Si tratta di fili d'acciaio ottonato, che lega molto bene con la gomma. Quattro fili affiancati passano in una macchina che li immerge nella mescola, formando una piattina. L'anello è formato da 4 strati di questa piattina.
-- Riempimento
Il volume immediatamente superiore al cerchietto è occupato da una gomma di riempimento, ottenuta da una trafila con sezione cuneiforme fig 12










Fig.12 

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La trafila fornisce la gomma di riempimento di sezione adatta ad essere inserita nel fianco del pneumatico


MONTAGGIO
Per procedere verso il pneumatico finito, si deve eseguire un vero e proprio assemblaggio dei componenti finora descritti. Su un rullo d'acciaio, che funge da supporto per il montaggio, si avvolgono 2 tele sovrapposte, ma con angolo opposto, fig. 13. Alle estremità del rullo si dispongono i 2 cerchietti e il riempimento tallone, fig. 14.















Fig.13 

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Le tele, tagliate obliquamente, sono disposte sul rullo di supporto
Fig.14 

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Si dispone il riempimento del tabellone


Le bande più esterne delle tele vengono ripiegate verso l'interno a formare il risvolto che, al termine del ciclo, con il pneumatico formato, sarà il fianco esterno, la cui parte racchiusa nel bordo del cerchione è il tallone. Si procede con una rullatura che compatta l'insieme ed elimina eventuali imperfezioni nella stesura dei componenti.
Ora manca solo la mescola battistrada, avvolta al centro del rullo, fig. 15.










Fig.15 

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L'ultima operazione dell'assemblaggio è l'applicazione della mescola battistrada


In fig. 16 si vede il rullo che supporta un insieme completo pronto per la successiva operazione, ma prima viene fatto rilassare 48 ore in apposite rastrelliere di stoccaggio,fig. 17.









Fig.16 

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Rullo completo della prima bozza del pneumatico , pronto ad essere gonfiato per assumere un accenno della forma definitiva











Fig.17 

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Aumentando la pressione interna i
conferisce una prima forma al pneumatico


VULCANIZZAZIONE
Quella che si presenta ora è in pratica la struttura distesa del pneumatico. Occorre conferirgli la forma definitiva.
Prima di tutto viene "gonfiato", fig. 18, in un banco apposito per dare un accenno dì forma.










Fig.18 

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Forno di vulcanizzazione . L'interno è lo
stampo preciso per ogni pneumatico


Successivamente viene introdotto nel forno di vulcanizzazione, fig. 19.
Si tratta di un involucro formato da 2 semigusci che all'interno, in posizione di chiusura, possiedono la forma definitiva del pneumatico, comprese le scritte laterali in rilievo .riguardanti modello e misure.










Fig.19 

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Ecco i pneumatici nel loro aspetto devinitivo


Ogni modello di gomma quindi ha il suo stampo. I due semigusci del forno hanno un'intercapedine all'interno della quale circola vapore ad alta temperatura, 160 -170 0C. Nello stesso tempo, dentro Io stampo è riprodotta una pressione variabile da 6 a 8 bar (600 - 800 kPa), secondo il modello e le necessità.
Queste sono le due azioni della vulcanizzazione. L'alta temperatura innesca il processo chimico della vulcanizzazione, in sostanza "fonde" insieme e definitivamente i vari componenti incontrati nella descrizione del processo, rafforzando i legami molecolari. L'alta pressione è invece responsabile del processo fisico e meccanico dello stampaggio.
In questa fase giocano il loro ruolo i composti vulcanizzanti, come lo zolfo o i donatori di zolfo, e gli acceleranti. I primi facilitano la formazione chimica del polimero di unione, aiutano a creare i legami definitivi di cui si diceva poc'anzi, mentre gli altri abbreviano i tempi perché questo accada.


Questo è il processo costruttivo e tecnologico dei pneumatici, specifico per il karting. Dall'analisi dei componenti si deduce che per oltre il 90% il pneumatico è fatto di idrocarburi, sia pur con strutture molecolari diverse. Tra le varie conseguenze rileviamo I'infiammabilità e la tossicità del prodotto, anche se non a livelli di grave pericolo.

 

2011 Nissan Electric Sports Cars ESFLOW Concept

2011 Nissan Electric Sports Cars ESFLOW Concept
The ESFLOW concept cars will be unveiled at the 2011 Geneva Motor Show (3-13 March) where it will share the Nissan stand with a number of other innovative and exciting newcomers - but with one major difference: these are production ready.
The 2011 Nissan Electric Sports Cars ESFLOW Concept isn’t scheduled to be unveiled until the 2011 Geneva Motor Show in just a couple of weeks. Nissan plans to reveal its new electric concept, called Esflow, at the Chicago Auto Show this year. The car will make its world debut at the 2011 Geneva Motor Show from March.
2011 Nissan Electric Sports Cars ESFLOW Concept
Nissan has a reputation for creating some of the most exhilarating sports cars on the market. Nissan has also developed the world's first practical Zero Emission family car, the Nissan LEAF. Now Nissan has put that expertise together. It has captured the excitement of a sports car and the environmental benefits of an electric vehicle and blended them into one dramatic two-seater concept: ESFLOW.
It may be a concept, but the Nissan ESFLOW electric sports cars proves it's possible to remain environmentally sympathetic without having to give up the joy of driving. It looks like a sports car, handles like a sports car and performs like one too. But Nissan ESFLOW Concept cars is different to every other sports car yet built: it's electric. Using technology pioneered in the award-winning Nissan LEAF, the EV concept shows that driving can still be as much fun tomorrow as it is today.
2011 Nissan Electric Sports Cars ESFLOW Concept
Ecological minimalism need not come at the expense of luxury. The cabin of the 2011 Nissan Electric Sports Cars ESFLOW Concept is clean and open and weight saving has been a priority throughout its design, but it is still a comfortable and pleasant place to sit. By far the heaviest components in modern cars' interiors are the steel framed, thickly upholstered and increasingly motorized seats. In 2011 Nissan Electric Sports Cars ESFLOW Concept the seats are sculpted into the rear bulkhead of the car, negating the need for a heavy frame. This of course means that they are immobile, but this is of no consequence as the fly-by-wire steering and pedals adjust electrically to the best spot to suit each individual driver's size and preferred driving position.
Nissan ESFLOW Concept is rear-wheel drive and it runs on two motors. The car's graceful proportions allow the twin electric motors to be placed above the axis of the rear wheels, in a mid-ship position,. These motors independently control the left and right wheels, and so the torque is optimized to ensure outstanding vehicle stability and control as well as efficient power regeneration. The motors produce enough torque in an instant for it to reach a 100kph in under 5 seconds.
2011 Nissan Electric Sports Cars ESFLOW Concept
Power for the motors comes from the same laminated lithium-ion battery packs used in the Nissan LEAF, but in ESFLOW the packs are located along the axis of the front and rear wheels. This centralizes the mass of the car, and thus its rotation point, close to the driver's hips. These cleverly positioned batteries enable the car to travel over 240km on one charge.
2011 Nissan Electric Sports Cars ESFLOW Concept
The colors of this Esflow are inspired from glaciers, with highly reflective blue-tinted solidified liquid shapes. Even if this concept will not hit the production line too soon, it could be a great source of inspiration for Nissan’s future sports cars.

Friday 25 February 2011

Ultime info in casa Red Bull e McLaren!

Secondo fonti molto attendibili nei test sul circuito di Montmelò, a Barcellona, la Red Bull di  Sebastian Vettel avrebbe ottenuto tempi di assoluto rilievo girando con molto carburante nel serbatoio. In entrambi i giorni in cui è sceso in pista  Vettel è stato il più veloce, ma i suoi tempi non sono arrivati, come si pensava,  in simulazione di qualifica estrema.  Nel paddock  circolata la voce che il campione del mondo avesse nel serbatoio almeno una ventina di chilogrammi di carburante quando è rientrato al box.  Se veramente fosse cosi significa che il ritardo degli inseguitori, Ferrari in testa, sarebbe di oltre 5 decimi di secondo. Insomma per scoprire se tale indiscrezione è vera o no attendiamo i prossimi test sempre sul circuito di Barcellona

In casa McLaren la situazione è diametralmente opposta. Mentre le Red Bull e Ferrari nella quattro giorni di test sulla pista di Montmelò, a Barcellona, hanno macinano migliaia di chilometri vantando un’affidabilità invidiabile, la McLaren MP4-26 ha passato parecchio tempo al box. Button è molto preoccupato sullo sviluppo della nuova monoposto. In un intervista ha dichiarato: “Non ho certamente completato i giri che mi aspettavo  e quando c’è da sviluppare una monoposto nuova è fondamentale percorrere tanti chilometri. La concorrenza va avanti, e quando non giri non fai passi avanti, anche sul fronte del set-up. Io credo che questa vetture possa dare molto, ma se il lavoro di sviluppo è in ritardo, si rischia di pagare un grosso gap nelle prime gare del mondiale. I prossimi test saranno importanti perché metteremo insieme tutti i componenti, Kers, ala posteriore e qualche novità aerodinamica, quindi allora avremo un quadro preciso della situazione. Oggi credo sia davvero molto difficile avere un’idea esatta delle gerarchie in campo. Ho sentito voci di una Red Bull più veloce di 6 decimi di secondo rispetto alla Ferrari, o che sul passo di gara la stessa Ferrari sia un secondo più veloce di tutti! Credo che per avere un quadro complessivo non resti che attendere la prima corsa”.

La McLaren, come ho già detto in un post precedente (http://spontoncristiano.wordpress.com/2011/02/25/mie-impressioni-sui-test/) è sembrata essere molto acerba, molto nervosa in inserimento di curva soprattutto al  posteriore mentre in uscita di curva manca di trazione. Barcellona è una pista che premia il bilanciamento aerodinamico, ma non sembra essere solo questo il fronte in cui la McLaren deve dirigere i suoi sforzi.

L’allarme “chilometri” è arrivato anche da Lewis Hamilton, che in mancanza della possibilità di cimentarsi sui long-run, si è scatenato in simulazioni di qualifica senza però convincere del tutto sulla performance della nuova McLaren.

GLI PNEUMATICI

Allora si parla sempre di gomme, ma come sono fatte e che ruolo hanno in una macchina? ecco una spiegazione...

Il pneumatico è l’interfaccia tra il veicolo e la strada quindi ad esso si richiedono doti sempre più elevate sia come comfort di marcia che come tenuta di strada. La funzione principale rimane la sua capacità di trasmettere a terra tutte le forze che si generano durante il moto del veicolo.
Il pneumatico deve mantenersi perpendicolare al terreno, perché solo in questo si riesce ad ottenere a terra la massima impronta: la tenuta di strada risulta infatti proporzionale alla quantità di gomma “messa a terra”. Tutto dipende dal coefficiente di attrito, ovvero dal numero ottenuto dalla divisione tra lo sforzo necessario allo slittamento e il peso: questo coefficiente indica la difficoltà con la quale si riesce a fare slittare le ruote dato il peso del veicolo.
In altre parole se si deve spostare un blocco d’acciaio del “peso” di 1000kg e per spostarlo si impiega una forza di 500kg, si dirà allora che fra il terreno e il blocco c'è un coefficiente d’attrito di 0.5. Per arrivare allo slittamento bisogna esercitare una forza elevata, mentre mantenere questo stato diventa molto facile: per questa ragione risulta molto difficile riprendere il controllo di un auto in sbandata.
Definiamo come attrito radente la forza necessaria a mantenere in moto un corpo che striscia, essa è pari ad un terzo dell’attrito statico, cioè a quella forza necessaria a realizzare il primo distacco di slittamento a partire dalla situazione con corpo fermo.
Definiamo invece come attrito volvente la forza necessaria a mantenere in moto un corpo che ruota: questa coefficiente vale circa un decimo del coefficiente di attrito statico e per questo motivo è poco importante per la tenuta della strada del veicolo, mentre diventa molto importante per la convergenza.
Il coefficiente d’attrito viene comunemente chiamato GRIP ed è un parametro molto importante per le frenate, per le accelerazioni e per la percorrenza di una curva. Un pneumatico stradale in condizioni di fondo stradale ottimali ha un grip pari a circa 0.6; ovvero per 100kg applicati ad una ruota, il pneumatico riesce a scaricarne 60.

Deformazioni del pneumatico

L’elasticità del pneumatico provoca le deformazioni quanto la ruota è sottoposta alle forze esercitate dal veicolo durante le manovre.
In condizioni statiche il pneumatico, a causa del carico gravante su di esso, tende ad appiattirsi sul terreno assumendo un leggero ingrossamento ai fianchi; assume quindi una impronta rettangolare. In movimento invece il pneumatico, in seguito all’azione della forza centrifuga, subisce una deformazione lungo tutto il perimetro della sua carcassa, producendo una impronta più allungata e ristretta.
Quando si inserisce l’automobile in curva, il veicolo è sottoposto ad una forza centrifuga che tenderebbe a far assumere al veicolo una traiettoria rettilinea se questa forza non potesse scaricarsi a terra. Il mezzo attraverso il quale si scarica questa forza è quindi proprio il pneumatico sul quale, a livello del terreno, nasce una forza uguale e contraria che si contrappone alla forza centrifuga.
La deformazione dovuta alla forza centrifuga e la deformazione dovuta al movimento lungo la curva, producono una ulteriore forza con il risultato che il pneumatico oltre ad essere soggetto a una deformazione laterale diventa soggetto anche ad una torsione, che crea un certo angolo fra la direzione in cui punta il pneumatico e la direzione dell’impronta. L’apertura di questo angolo può essere compensato da una correzione per mantenere la traiettoria voluta, specialmente alle alte velocità, che permette di descrivere il comportamento della macchina come sottosterzante oppure sovrasterzante.
Pneumatico a tele incrociate e radiale

La costruzione radiale è caratterizzata da una zona rigida, corrispondente all’incirca al battistrada, e da una zona cedevole che corrisponde ai fianchi. Nel pneumatico radiale si hanno una serie di cinture lungo la circonferenza che impediscono al pneumatico di assumere la forma rotonda, rimanendo quindi cilindrico, in modo che la sua impronta a terra rimanga sempre pressoché rettangolare.

Il pneumatico a tele incrociate invece ha una rigidità meno variabile tra il battistrada e i fianchi, perché costituito da cinture che interessano il fianco e il battistrada. Tende quindi ad assumere in movimento una forma che, per quanto schiacciata, assomiglia ad una ciambella, sia in rettilineo che in curva l'impronta a terra ha una forma rotonda. Il pneumatico radiale è definito in questo in quanto le tele dei fianchi hanno i fili disposti radialmente invece che diagonalmente.

Il pneumatico a tele incrociate oggigiorno è stato sostituito dal pneumatico radiale perché quest’ultimo presenta molteplici vantaggi.

La differenza di rigidità fra le due tipologie costruttive permette all’impronta di non variare in funzione della pressione di gonfiaggio. Aumentando o diminuendo leggermente la pressione di gonfiaggio in un pneumatico radiale non varia infatti l’impronta a terra: cambia soltanto la distribuzione delle pressioni a terra, con la conseguenza di avere un diverso comportamento dinamico ed un consumo anomalo del pneumatico.
L’unico caso in cui è consigliato utilizzare una pressione di gonfiaggio bassa è nel caso in cui il pneumatico debba marciare su terreni cedevoli o fango, in queste condizioni la diminuzione della pressione produce infatti un aumento dell’impronta. Una marcia a pressione minore del normale è comunque da evitare in quanto produce nel pneumatico un aumento di temperatura della gomma e quindi una più rapida disgregazione della carcassa.
Questi fenomeni distruttivi sono più sentiti nei pneumatici convenzionali in quanto la gomma supporta meno lavoro di deformazione sul fianco e questo produce durante la deformazione più calore che non può essere smaltito.

La maggior parte dei pneumatici di tipo radiale è inoltre costruito in modo da non avere la necessità di possedere una camera d’aria. Questo vantaggio permette ai pneumatici radiali di essere esenti dal fenomeno di rapido afflosciamento in quanto l’aria, a causa di una frattura non fuoriesce rapidamente dalle valvole, ma al contrario esce con una velocità minore, avendo a disposizione solo la zona della perdita.

Nel pneumatico radiale è molto importante il rapporto d’aspetto, definito come il rapporto tra l’altezza e la larghezza della sezione. Per avere un buon comfort si richiede un fianco alto e morbido, per avere più precisione di guida è invece necessario un fianco basso e sufficientemente rigido. Per questo motivo, sulla base del comportamento che si vuole ottenere dal battistrada, si studiano pneumatici coi diversi rapporti d’aspetto.

Caratteristiche funzionali

Il pneumatico, date le sue caratteristiche costruttive, può essere considerato come un sistema composto da una molla e da uno smorzatore. Sulla base di queste analogie possiamo definire alcune caratteristiche fondamentali:
RIGIDEZZA VERTICALE STATICA: è molto importante per il comfort di marcia ed è definita dal rapporto fra il carico applicato F ed il cedimento verticale del pneumatico Z; K= F/Z
RIGIDEZZA VERTICALE DINAMICA: è ottenuta ricavando le frequenze proprie di oscillazione di un modello avente come sistema elastico smorzato il pneumatico e come massa il carico agente sulla ruota. Questa caratteristica è direttamente correlata al comfort e alla tenuta di strada.
RIGIDEZZA LATERALE: è il rapporto fra la forza applicata al mozzo della ruota e lo spostamento del mozzo stesso, rispetto al centro dell’impronta a terra del pneumatico. Più è alto il valore della rigidezza laterale più sarà alto il tempo di risposta dello sterzo; si otterrà meno precisione nella guida e maggiore capacità del pneumatico a conservare l’aderenza in caso di brusche sollecitazioni (sterzate improvvise, uscite laterali).
RIGIDEZZA LONGITUDINALE: è il rapporto fra la forza applicata orizzontalmente al pneumatico e la deformazione della sua impronta a terra. Il punto di contatto della mezzeria dell’impronta si sposta dalla verticale passante per il mozzo. Le forze che impegnano la rigidità longitudinale sono le forze di trazione e frenatura.
RIGIDEZZA TORSIONALE: è il rapporto fra il momento applicato lungo l’asse ortogonale all’impronta a terra del pneumatico e la rotazione che tende a deformare l’impronta a terra. Queste forze si generano durante una sterzata.
MOMENTO DI AUTO ALLINEAMENTO: un pneumatico sottoposto ad una spinta trasversale è soggetto ad una deriva, ovvero ad uno slittamento che tende a ruotare il suo piano equatoriale in modo da ridurre l’angolo di deriva o slip angle. Si genera quindi un momento di autoallineamento, che va equilibrato (con il volante se la ruota è sterzante) per ottenere che la ruota rimanga sul piano assegnato.

Condizioni di aderenza longitudinale:
lo scorrimento del pneumatico

Lo scambio di forze tra strada e il veicolo è realizzabile grazie all’aderenza costante fra la superficie stradale e il pneumatico.
L’aderenza è rappresentata da un coefficiente che si ottiene dal rapporto tra le forze tangenziali che un pneumatico può sopportare ed il carico verticale gravante su di esso.
Il coefficiente di aderenza è un parametro che viene influenzato dalle caratteristiche del fondo stradale e dal carico gravante sul pneumatico. In generale per un normale pneumatico stradale il valore del coefficiente può cambiare da 0.1, per superfici stradali con neve e fanghiglia, ad un valore massimo di 0.7 per una superficie stradale asciutta e in ottimo stato.
Per lo studio dell’aderenza longitudinale considereremo un pneumatico sul quale grava un peso P in fase di rotolamento. A causa della cedevolezza il pneumatico ruota con un raggio reale r0, diverso dal raggio r che si dovrebbe considerare se non esistesse la cedevolezza (l’inverso della rigidità del pneumatico).
Se la ruota rotola con velocità angolare ω costante si verifica come, nel caso ideale, tutti i punti periferici del pneumatico avranno una velocità pari a V=ω∙r; mentre nel caso reale questi avranno una velocità V0=ω∙r0.
Si definisce slittamento s la differenza delle velocità V-V0 che viene compensata dal battistrada del pneumatico.
La differenze di velocità nella zona di contatto al suolo vengono assorbite dal pneumatico con lo slittamento che rimane quindi nullo se la ruota è in condizione di puro rotolamento, fino ad uno slittamento massimo pari a –1 nel caso in cui si verifica la condizione di totale slittamento.
Si può notare come il continuo slittamento del pneumatico possa provocare un veloce deterioramento dello stesso, proporzionale alla velocità ed alle coppie pregnanti o motrici applicate.
Se si considera il carico gravante sul pneumatico si può notare come maggiore risulta la deformazione maggiori sono le forze che si possono trasmettere a terra.
Definiamo la forza tangenziale trasmissibile Ft come il prodotto tra carico H agente, accelerazione di gravità g e il coefficiente di aderenza m.

Ft = H∙g∙m

Si nota come a parità di m, per aumentare Ft, sia necessario aumentare H.
Se consideriamo la pressione specifica Ps, definita da Ps= mg/A (dove A è l’aria dell’impronta a terra del pneumatico) si nota come all’aumentare di A la pressione specifica cali, in quanto si può scrivere che Ps = Ft / mA.

A parità di terreno e di forze agenti possiamo quindi sfruttare una forza adiacente maggiore (perché aumenta m) se il pneumatico risulta più largo, cioè con una pressione specifica Ps a terra più bassa.
Comunque, se avere pneumatici a sezione larga è utile per trasmettere la forza a terra con l’asciutto, non vale la stessa osservazione invece con manti stradali bagnati.
Il fenomeno del "sostentamento idrodinamico del pneumatico", meglio conosciuto come "aquaplaning", che si presenta quando la superficie stradale è ricoperta da un velo d’acqua che si interpone tra il pneumatico e la strada, riduce la superficie di contatto in maniera proporzionale alla velocità di avanzamento del veicolo ed inversamente proporzionale alla sezione del pneumatico. Un pneumatico largo è quindi solitamente più soggetto all'aquaplaning a causa delle sue dimensioni anche se, proprio per queste sue naturali attitudini, è spesso dotato di un battistrada studiato in modo da garantire un buon drenaggio.

Condizioni di aderenza trasversale:
deriva del pneumatico

Si assuma un pneumatico sottoposto ad un carico P, che ruoti indisturbato lungo una traiettoria rettilinea, e sul quale nasca in un certo istante una forza Fy trasversale. Si nota in questo caso come il pneumatico subisca una deviazione angolare (detta angolo di deriva o slip angle) che modifica la traiettoria del pneumatico. Quest’angolo aumenta proporzionalmente al carico applicato fino ad un punto in cui la curva presenta un asintoto orizzontale, corrispondente alla perdita di aderenza del pneumatico.
Il coefficiente angolare di questa curva rappresenta quindi la rigidezza laterale del pneumatico. L’andamento di questa curva è influenzata da molti fattori quali: il tipo di pneumatico, il tipo di fondo stradale, il peso agente sul pneumatico e la pressione di gonfiaggio p0.

A parità di fondo stradale e di pneumatico si può dimostrare come l’angolo di deriva sia in funzione dei due rapporti, Fy/p e p/p0, dai quali si può notare l’effetto contrastante del peso.
A parità delle altre variabili esiste un intervallo in cui il peso provoca un effetto stabilizzante sulla deriva (fino a 5000 Kg) che diventa instabilizzante (sopra i 5000/6000 kg) aumentando quindi la deriva.
La deriva è una quantità che dipende da molti fattori, primi tra i quali le forze verticali e trasversali a cui è sottoposta la ruota. Un indice che definisce la risposta del pneumatico in funzione dei carichi verticali e trasversali è la "rigidità di deriva", grandezza che esprime l’entità del carico che il pneumatico può sopportare reagendo in modo lineare e omogeneo. Maggiore risulta la rigidità di deriva e più lineare è il comportamento del pneumatico nei confronti della deriva, anche intervenendo materialmente sui carichi verticali.
L’angolo di deriva aumenta all’aumentare delle forze trasmesse (siano esse frenanti o di trazione) e diminuisce al diminuire della pressione di gonfiaggio p0.
Un pneumatico a struttura radiale non avverte in rettilineo l’eventuale afflosciamento, palesandolo in maniera molto evidente e repentina, con molta deriva, solamente in caso di curva.
I pneumatici racing presentano un grip (coefficiente d’attrito) che arriva a 1.8, contro 0.5/0.7 di un comune pneumatico, sconfinando quindi nel campo degli adesivi.
Il fattore principale di un pneumatico da corsa è infatti il grip, che può essere incrementato aumentando la superfici di contatto tra i due corpi abbassando la pressione per unità di superficie.
Diminuendo la pressione specifica e aumentando la sezione si ottiene un vantaggio nelle situazioni estreme durante le accelerazioni, frenate e nelle curve effettuate al limite, arrivando ad esercitare un grip superiore a quello tollerato.
Aumentando però al superficie e diminuendo la pressione si arriverebbe al punto (lavorando sempre con la stessa mescola) in cui si verifica una perdita di aderenza per via del valore del carico unitario per superficie troppo basso.
All’aumentare della larghezza del pneumatico la mescola utilizzata diviene via via più morbida e tale da garantire, anche con un carico basso, un’aderenza più alta.
Un pneumatico di formula uno è composto da mescole molto tenere che al raggiungimento delle temperature di esercizio (90°-120°C) diventano estremamente morbide da attaccarsi all’asfalto in modo da scaricare a terra le enormi potenze dei motori (800cv).
Nella F1 il pneumatico svolge parte della funzione tipica della sospensione facendo lavorare la propria esigua carcassa come molleggio per il veicolo. Gli scuotimenti infatti ben difficilmente superano il paio di centimetri e almeno 3/4 di questi vengono assorbiti dalla gomma. La rimanente sollecitazione si scarica attraverso i braccetti sul complesso molla ammortizzatore.

Slip angle

Le caratteristiche di una gomma racing prevedono di riuscire ad ottenere il massimo grip possibile in modo da migliorare la tenuta di strada ed il comportamento del mezzo.
Questo aumento va ricercato sperimentalmente attraverso vari parametri quali: pressione di gonfiaggio del pneumatico, camber, larghezza del cerchio e temperatura di lavoro della mescola.

Riguardo alla pressione di gonfiaggio è necessario osservare come ad una pressione bassa l’attrito è basso, ma la gomma presenta grandi distorsioni non riuscendo quindi ad poggiare l’intero battistrada a terra. All’aumentare della pressione il grip aumenta ed ovviamente il battistrada si distende completamente. Oltre il valore massimo del grip il suo valore inizi a diminuire per via delle deformazioni “a pancia” del pneumatico, con il risultato di alleggerire la zona di contatto della gomma con l’asfalto. La perdita di aderenza risulta comunque minore con alte pressione di gonfiaggio piuttosto che con pressioni troppo basse.
Un pneumatico gonfiato ad una bassa temperatura si riscalderà sempre più in fretta o troppo poiché, torcendosi continuamente, i suoi componenti sfregano tra loro arrivando ad un rapido degrado. In un pneumatico sottogonfiato si avrà una deriva molto alta, potendosi la gomma distorcere notevolmente, mentre gonfiandolo molto si otterranno meno deformazioni e pertanto una deriva più bassa. In questo caso si avrà allora una perdita di grip molto più repentina. Per questi motivi la scelta della pressione risulta difficile e necessita studi molto approfonditi.

Il camber è l’angolo caratteristico della sospensione e descrive l’inclinazione che l’asse passante per la mezzeria del pneumatico assume rispetto alla perpendicolare del terreno, può quindi avere valori nulli, negativi oppure positivi.
L’angolo di camber è un parametro molto critico: all’aumentare della larghezza delle gomme più questo valore assume importanza. Via via che aumenta la larghezza del pneumatico, più è necessario ridurre l’angolo di camber avvicinandolo a zero.

Anche la dimensione del cerchio sul quale è montato il pneumatico riveste molta importanza. Per avere un ottimo appoggio a terra è necessario che il pneumatico sia montato su di un cerchio di dimensioni adeguate. Con un cerchio troppo stretto il pneumatico potrà assumere una forma a ciambella, riducendo così l'impronta a terra.
Usando un cerchio sovradimensionato invece, con una pressione di gonfiaggio bassa, il battistrada rimane orizzontale ma in curva esiste il rischio che il pneumatico si sposti perdendo pressione. Con una pressione alta il battistrada assume invece una forma a semicerchio e le spalle del pneumatico, in queste condizioni, non lavoreranno più correttamente e l’impronta a terra sarà molto ridotta.

Un altro importante fattore che determina le prestazioni di una mescola è infine la temperatura: con una temperatura alta i componenti della gomma si sfalderebbero troppo in fretta, perché le catene molecolari si sbriciolerebbero arrivando ad un rapido degrado. Una temperatura troppo bassa produce maggiore durata, ma peggiore la resistenza alle alte velocità

Mie impressioni sui test

Ormai all’inizio del mondiale manca un mesetto e già si sono svolte tre sessioni di testcollettivi per testare la forma di ogni singolo Team. Non è ancora tutto chiaro sulle realiforze dei vari team. Per ora si possono solo fare solo delle supposizioni in quanto lemonoposto non sono ancora in versione definitiva, non si conoscono i carichi di benzinausate dai team durante i test.Da una prima analisi si riscontra:La Ferrari sembra avere una stabilità impressionante nelle brusche frenata. Se ricordate,aveva anche nella scorsa stagione un vantaggio sulle concorrenti in questa sono superbesotto rottura. La vettura sembra essere molto equilibrata sia nelle curve lente e soprattuttoin quelle veloci. Questa caratteristica permette di essere molto “gentile” sulle gomme el’usura è minore rispetto ad altre squadre.La Red Bull riesce ad aprire il gas in uscita dalle curve molto prima rispetto a tuttigli altri team. L’usura delle gomme è più elevata rispetto a Ferrari infatti tende adiventare “nervosa” un po’ prima rispetto alla rivale Modenese.La Mercede sembra disastrosa, lenta e soprattutto molto difficile da gestire. Sul girosingolo i piloti sembrano riuscire a limitare i danni ma in configurazione di gara il ritmo èabbastanza lento a causa del notevole degrado delle gomme Pirelli. Vedendo i piloti inazione sembra essere più a suo agio Schumacher rispetto a Rosberg anche se i tempi inpista dicono il contrario.La McLaren è ancora un grosso punto interrogativo. Vedendola girare in pista sembravamolto più equilibrata e veloce nelle mani di Hamilton mentre con Button sembrava ancoramolto nervosa e poco equilibrata. Sul giro singolo ha dimostrato una discreta velocitàmentre sul ritmo gara paga circa 1,5 s al giro rispetto a Ferrari e Red Bull.La Lotus - Renault sembra essere molto consistente soprattutto con molta benzina abordo in quanto il telaio sembra essere ben bilanciato e l’usura delle gomme parein linea con i migliori team.Sulla Foce India non mi sento ancora di esprimere un pare in quanto è sembrata a voltemolto nervosa mentre in altre occasioni sembrava più equilibrata.La Williams, invece, è sembrata essere velocissima con poca benzina a bordo mentrea dimostrato di soffrire con un carico elevato di benzina a causa del poco equilibrio deltelaio in queste condizioni. In ogni caso sembra essere tra i primi quattro team in questomondiale 2011.Team Lotus, sembra aver fatto un notevole passo avanti rispetto alla scorsa stagionein quanto il carico aerodinamico generato dal telaio sembra essere molto più elevatorispetto che abbia acquisito una certa carico aerodinamico rispetto allo scorso anno. Diquanto sarà questo passo avanti è difficile dirlo a priori ma solo le prime gare potrannostabilirlo. Per quanto riguarda la Virgin e l’ HRT non esprimo nessuna opinione ma le loromonoposto non sembrano essere molto competitive.Ho ricevuto da alcune persone presenti ai test di Barcellona alcune foto dei pneumaticiPirelli usati duranti i test. Non mi è stato detto quanti giri avevano percorso queste gommema dalle foto sembravano molto degradate.Osservando il degrado delle gomme e il comportamento in pista, Ferrari e Red Bullsembrano essere nettamente davanti agli altri team sia con poca benzina sia in condizionidi carico di benzina. Per gli altri Team arrivare a raggiungere le prestazioni di questi dueTeam sarà molto difficile durante la stagione anche perché il gap riscontrato in questi primitest è abbastanza elevato.

Wednesday 23 February 2011

2011 Rolls-Royce Sports Apparition Concept Cars by Jeremy Westerlund

2011 Rolls-Royce Sports Apparition Concept Cars by Jeremy Westerlund
Here is a personal limousine that, Rolls-Royce Apparition concept was designed by Jeremy Westerlund, who designed it as an independent project while studying at the Art Center. 2011 Jeremy Westerlund  Rolls Royce Apparition has Clever design features abound, like the spare wheel secreted into the bodywork at the front like 1930s Rollers, an open cockpit for the driver and the twin rear windows that mirror the shape of the headlights. It’s like something out of a science fiction film, and a heck of a lot more interesting than some of the so-called concept cars Rolls-Royce has show in the past five years.
2011 Rolls-Royce Sports Apparition Concept Cars by Jeremy Westerlund
The idea blends classic design elements with futuristic ones, with mahogany wheel inserts and a shape that places the chauffeur out in the open like in vintage motor carriages, with the occupants coddled inside.
2011 Rolls-Royce Sports Apparition Concept Cars by Jeremy Westerlund is a personal limousine that, if it were built, would be 23 feet long. The 2011 Rolls-Royce Sports Apparition Concept Cars by Jeremy Westerlund that features yacht-like styling and mahogany inserts on the wheels. This created by a student designer like Jeremy Westerlund comes along with a design as interesting and unique as the Rolls Royce Apparition.
2011 Rolls-Royce Sports Apparition Concept Cars by Jeremy Westerlund
Design of the 2011 Rolls-Royce Sports Apparition Concept Cars by Jeremy Westerlund is based around the old motor carriages that had a chauffeur sitting up front, exposed to the elements, with the passengers coddled inside. Like most contemporary Rolls models, the front is utterly dominated by the prominent grille and hood ornament.
2011 Rolls-Royce Sports Apparition Concept Cars by Jeremy Westerlund, it features unique touches like real mahogany inserts in the wheels, and the imposing overall shape is long and low: the designer took his cues from sailing yachts, and even though the model is built to 1:4 scale, it’s still nearly six feet long. If such an extreme example of fantasy ever became reality, it would measure 279 inches overall – that’s over 23 feet, or about four feet longer than the Phantom.

Tuesday 22 February 2011

2010 Nissan Sports Cars GT-R by Tommy Kaira

2010 Nissan Sports Cars GT-R by Tommy Kaira
They have been teasing this car 2010 Nissan Sports Cars GT-R by Tommy Kaira for a long time, but now just in time for 2010 Tokyo Auto Salon it is ready to be unveiled. This is one of the finest body kits we’ve seen for the mighty GT-R so far. We know that Japanese tuner’s Tommy Kaira finished the early stage of their Nissan GT-R plan for the launch at the 2010 Tokyo AutoSalon. This Kyoto based tuner, who is known to have  started out by modifying Mercedes car is now all focused on GT-R as it brings out the Silver Wolf Nissan GT-R from its stable.
2010 Nissan Sports Cars GT-R by Tommy Kaira
Called the Silver Wolf, this 2010 Nissan Sports Cars GT-R by Tommy Kaira comes with a full body kit, plus new rolling stock, brakes, exhaust and suspension components. The carbon fiber widebody package gives the GT-R a serious attitude adjustment. Two kit choices are available, the first being a very comprehensive one while the second just works on the front end.
2010 Nissan Sports Cars GT-R by Tommy Kaira
With no change to GT-R’s twin-turbo V6 engine, 2010 Nissan Sports Cars GT-R by Tommy Kaira has just got some fabulous interior work and upgraded breaks, exhaust and suspension systems. Carbon and red leather interior will give it’s driver a very luxuries feel while the carbon fiber widebody of the silver wolf still keep it  decent and stylish. Tommy Kaira has well managed to keep its name in the auto industry and it is expected that the Japanese icon will not compromise on the performance of their new GT-R project. So until there is some final testing on the Fuji Speedway, check out the greatest performance car more closely in the pictures below.
The 2010 Nissan Sports Cars GT-R by Tommy Kaira full kit consists of, among others, a wet carbon front bumper, a front grille cover, lip spoiler, under diffuser, side ducts and side skirts. The rear also features wet carbon in the form of a racing diffuser, a rear wing and rear fender extensions. The AVS Model F15 Platinum black wheels are shod with Pirelli P-Zero 255/40R20 and 285/35R20 front and rear tyres respectively.
2010 Nissan Sports Cars GT-R by Tommy Kaira

Monday 21 February 2011

2011 New BMW Sports Cars Vision ConnectedDrive Concept

2011 New BMW Sports Cars Vision ConnectedDrive Concept
BMW officials has announced that a new Vision ConnectedDrive Concept Vehicle will be showing up at the Geneva Motor Show and that it will “revolutionize driving in terms of comfort, infotainment and safety. The two-door roadster’s "layered" appearance evokes the EfficientDynamics concept from 2009, while its asymmetrical layout brings back memories of 2001’s X Coupe concept. Just as the former previewed a wild, forthcoming production car and the latter ushered in the Bangle design era, the 2011 New BMW Sports Cars Vision ConnectedDrive Concept provides a glimpse of BMWs to come.
2011 New BMW Sports Cars Vision ConnectedDrive Concept
” BMW is only offering up a few details on this concept, but judging by its name, we expect a vehicle that will include the latest car-to-car communication features. It is an efficient and technologically advanced roadster, not sacrificing anything in terms of driving pleasure. It is unclear whether the model is related in some way with rumors of a future BMW roadster, smaller than Z4, or is a natural development of the GINA concept, but the new model is said to predict the future appearance of the BMW series vehicles.
Official BMW representatives said: “In 2011 the automobile industry is celebrating the anniversary “125 yeas of the automobile,” reason enough to not only look back, but also to look forward. Connectivity is one of the key fields of tomorrow’s world. And of course, we at BMW are proud to be among the pioneers of connected driving: for example, with the first on-board internet access in 2008, the first iPod integration in 2004, or the first ultrasound-based park distance control PDC in 1991.”
2011 New BMW Sports Cars Vision ConnectedDrive Concept
“2011 is also the year in which we are setting course for the future. Initial insights are already available to you now in the Future Lab from BMW Vision ConnectedDrive. Or soon right here, with an extraordinary vehicle concept, which will once again revolutionize driving in terms of comfort, infotainment and safety. Exactly as you have come to expect from BMW.”
Some rumors suggest that the model will have a “3D interface” that will relate to the driver, with a futuristic design. The second feature is visible and will go in the direction of future BMW models. Instead, it is unclear how much influence the future creation of the BMW model, since the differences between the current range and the concept presented in Geneva 2011 are quite large, which hampers a rapid transition.
2011 New BMW Sports Cars Vision ConnectedDrive Concept
The layered surfaces are enhanced with fiber-optic lighting effects that highlight the different functions and sections of the 2011 New BMW Sports Cars Vision ConnectedDrive Concept car. It certainly isn't possible to design a car like this with just a few pen strokes. And it is a remarkable and potentially trend-setting approach that is every bit as daring as the one taken by BMW design ten years ago with the X Coupe.
The windshield acts as the medium for a three-dimensional head-up display, and additional information is shown on the monitor behind the steering wheel. Tellingly, the layer that displays relevant driving information is christened the "safety layer," and it is fed by plenty of watchful sensors. A larger zone that also encompasses the passengers is called the "infotainment layer," and it offers movies, music, and internet access. Passengers also get their own display with nav and music info, which can then be sent to the driver’s attention at the press of a finger.
The 2011 New BMW Sports Cars Vision ConnectedDrive Concept design and technology of this spectacular roadster are aimed at making the vehicle an integral part of a networked world. Comfort, safety and the infotainment experience in the vehicle can be precisely optimized by the innovative functionality, individually tailored to suit the requirements of both the driver and passenger. New technologies and design concepts are employed to add even more facets to the unmistakable BMW driving pleasure.
 2011 New BMW Sports Cars Vision ConnectedDrive Concept